Nei social network ormai ci siamo tutti.
È inutile sostenere che non abbiamo un profilo o non ci entriamo, perché comunque i social parlano di noi, e dentro c’è di certo qualcuno che lo fa. Il nostro nome e cognome, un commento, una frase detta, una foto con amici… basta fare il semplice esperimento di ricerca su Google per nome e cognome e scopriamo che tra i risultati di maggiore rilievo ci sono proprio i social, e questo anche per chi non ha un proprio profilo.
Com’è possibile? Semplice. Questi siti hanno smesso di essere tali, e sono diventati veri e propri canali comunicativi paralleli. Incrociano dinamicamente le nostre relazioni, le informazioni anche non necessariamente dirette, e “producono” risultati nuovi, che nessuno ha introdotto o inserito in maniera diretta.
Attraverso la creazione dinamica di contenuti incrociati non sono quindi solo le relazioni e le relative informazioni ad essere “evidenti” ma anche tutte le informazioni derivate (chi era con chi, quanti utenti in quell’anno erano in quella scuola, quante persone che non si conoscono leggono un determinato giornale, quante hanno fatto un determinato viaggio in un certo paese visitando determinati musei, bar, ristoranti…) che creano relazioni a loro volta.
Una delle funzioni specifiche nella “ricerca persone che potresti conoscere” è infatti attraverso scuola, studi, città, amico di… semmai attraverso una catena di relazioni che nemmeno esiste davvero, ma semplicemente per “dati simili o affini”.
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