Il governo tripartito

ALCIDE DE GASPERI

Onorevoli colleghi, molte e gravi furono le responsabilità che nella mia carriera politica dovetti assumere innanzi al paese ed a voi; forse nessuna è più grave e più crudele di quella che pesa su di me e sui miei colleghi di Governo in questa vigilia.
Volontà e circostanze più forti di noi non ci hanno lasciato – di fronte all’invito perentorio di apporre la parafasi al trattato – che due alternative sole: o firmare sotto la nostra responsabilità di Governo o impegnare per tale atto la responsabilità dell’Assemblea Costituente. Questa seconda via sarebbe stata per noi e sarebbe ancora più agevole, perché avrebbe alleggerita la responsabilità governativa, riversandola sulla responsabilità collettiva dell’Assemblea.
Ma con ciò già al primo atto iniziale della procedura avremmo impegnato la Costituente, alla quale invece è riservato un secondo e più definitivo intervento, cioè la ratifica o meglio, come più esattamente prevede la nostra legge, l’approvazione o meno del trattato.
Nelle appassionate polemiche di questi giorni si manifesta la tendenza di sopravalutare la firma e di svalutare la decisione definitiva dell’Assemblea.
Opino che questa tendenza non corrisponda né agli interessi del paese né alla realtà oggettiva. Non agli interessi del paese, perché tra la firma e la ratifica, vale a dire tra la firma e l’esecuzione del trattato, trascorrerà un certo periodo di tempo durante il quale l’Italia potrà ancora tentate di ottenere dalle Potenze alleate o da talune di esse affidamenti di revisione, impegni di attenuata applicazione delle clausole del trattato, promesse di appoggio nelle questioni che il trattato non chiude, quale quella delle colonie e delle nostre rivendicazioni verso la Germania. Nessuno può prevedere se veramente in tale periodo ci riuscirà di ottenere qualche concessione; ma sta il fatto che fino ad oggi ogni nostro ripetuto tentativo in tale senso è fallito, perché ognuna delle quattro Potenze dichiarava di essere bensì disposta per quanto la riguardava a fare questa o quella concessione, ma di sentirsi vincolata al compromesso faticosamente raggiunto tra i quattro Grandi, che ci veniva così opposto come un blocco intoccabile.
Questa situazione nel periodo tra la firma e la ratifica delle varie Potenze potrà darsi si presenti alquanto alleggerita. Conviene quindi che in tale periodo l’Italia sia in grado di intervenire attivamente per esplorare tutte le possibilità prima che l’Assemblea dica la sua parola decisiva. Si obietta che questa arriverà comunque troppo tardi e riuscirà inefficace. Qui, secondo il mio parere, c’è errore. L’articolo 90 dice che il trattato, oltre che dalle Potenze alleate ed associate, dovrà essere ratificato dall’Italia, ratifica che equivale appunto all’approvazione dell’Assemblea prevista dalle nostre leggi.
Lo so che si è arzigogolato intorno alla forse intenzionale mancanza di chiarezza della suddetta formula. Lo so che fra gli Alleati non c’è concordanza nell’interpretazione di essa; ma da una inchiesta fatta dal Ministero degli esteri risulta che almeno due fra i rappresentanti delle quattro maggiori Potenze ritengono che la ratifica dell’Italia sia, di fatto, necessaria. Ma questo, comunque, rimane certo: che in Italia e per l’Italia, un trattato non è valido, cioè non diventa legge, senza l’approvazione dell’Assemblea Costituente. (Applausi). È vero che gli autori del trattato ne prevedono l’entrata in vigore immediatamente dopo il deposito delle ratifiche dei quattro Grandi, ma è altrettanto vero che essi non possono aver prevista la pratica esecuzione in Italia del trattato senza la cooperazione dell’Italia, cooperazione che né questo né alcun altro Governo può volontariamente dare finché manchi la decisione dell’Assemblea. (Applausi).
D’altro canto, chi vi dice che i parlamenti delle Nazioni Unite, taluno dei quali è così sensibile all’opinione pubblica, restino permanentemente sordi agli appelli che venissero da questa nostra rappresentanza popolare?
Mi pare così dimostrato che è nell’interesse del paese che l’Assemblea non rimanga impegnata fin dal primo momento e pure mi pare dimostrato che ad essa resti ancora riservato un importante ruolo da compiere. Ed anche in confronto del nostro paese stesso non sarebbe degno che una tale decisione venisse presa senza la preparazione e la solennità che l’importanza storica dell’avvenimento richiede, cioè nell’incalzare di un termine che ci ha colto durante una crisi durata troppo a lungo e mescolando un atto storico che supera Governi e problemi quotidiani con gli aspetti contingenti di una situazione ministeriale.
Queste ragioni ci hanno indotto ad assumere sulle nostre povere spalle la responsabilità della firma, sia pure ex informata conscientia, cioè dopo aver esposto il nostro punto di vista alla Commissione degli esteri, che ne prese atto riservando i diritti dell’Assemblea, e ai rappresentanti dei Gruppi parlamentari.
Resta a precisare quale carattere possa avere per noi tale atto, il quale sarà preceduto da una nostra dichiarazione diretta agli Alleati.
Potrà la firma aver carattere consensuale?
Gli Alleati non ci faranno il torto di credere che la nostra resistenza al trattato sia stata una meschina ed ipocrita manovra. Dalla più profonda intimità del mio spirito ho espresso io stesso nelle solenni conferenze internazionali, in forma pacata ma ferma, la nostra convinzione di uomini liberi e democratici; il modo con cui fu combinato questo trattato e i termini nei quali fu imposto non ne fanno uno strumento atto a realizzare un nuovo assetto internazionale del mondo. (Vivi applausi). A noi non è stata concessa nessuna partecipazione né alla negoziazione né alle deliberazioni; del trattato non abbiamo quindi, né davanti alla nostra nazione né innanzi al mondo internazionale, corresponsabilità veruna. La nostra firma non può mutare la realtà come si è svolta e quale fu denunziata in ogni fase della Conferenza. Essa non può cancellare il fatto che, nonostante la Carta Atlantica e la stessa recente Costituzione francese (che all’articolo 27 dice: «nessuna cessione, nessuno scambio, nessuna annessione di territorio è valida senza il consenso delle popolazioni interessate»), il trattato dispone dei popoli senza consultarli, né può eliminare il fatto purtroppo incontrovertibile che la nostra economia da sola, nonostante ogni buon volere, non può portare il peso di cui il trattato la grava.
Mancheremmo alla lealtà se intendessimo avallare con la nostra firma l’immeritata umiliazione imposta alla flotta, nonostante la sua efficace e riconosciuta partecipazione alla guerra accanto agli Alleati (I deputati si levano in piedi – Vivissimi, generali, prolungati applausi – Si grida: Viva la marina!), l’insufficiente considerazione del nostro contributo alla lotta per la liberazione (Vivissimi applausi), e se lasciassimo credere che ci acquieteremo alla totale eliminazione delle colonie e alla rinunzia a qualsiasi rivendicazione nei confronti della Germania. (Applausi).
Non rifiutare la firma richiesta, vuol dire che il Governo italiano non intende pregiudizialmente fare atto di resistenza contro l’esecuzione del trattato, nella eventualità che esso, perfezionato dal consenso dei parlamenti, in forza delle prevedute ratifiche, entrasse in vigore; significa che l’Italia vuol dare prova di buona volontà e di ogni sforzo ragionevole e possibile per liquidare la guerra; vuol dire che l’Italia – nonostante il contenuto del trattato – non dispera, non vuole disperare del suo avvenire. (Vivi applausi).
Se un giorno essa potrà onoratamente uscire dallo stato armistiziale, imposto dalla capitolazione e questa imposta dalla disfatta – fatale epilogo d’un disastroso regime – non sarà solamente per fini propri che essa si appellerà alle Nazioni Unite, ma sarà nell’interesse generale di una evoluzione pacifica dei rapporti internazionali che reclamerà una procedura revisionistica di clausole ingiuste o inattuabili. (Applausi).
Il quesito non è dunque quello di consentire o non consentire, perché un trattato imposto non può essere oggetto né di consenso né di dissenso, ma si tratta di giudicare se il rifiuto pregiudiziale ci lascerebbe una via per uscire dalla pericolosa situazione di oggi o dell’immediato domani: se questo non è, resta solo il tentativo di fare una sortita dallo stato di capitolazione e di guerra dando la firma. Ogni sortita ha i suoi rischi. Bisogna passare su campi minati. Noi abbiamo creduto di servite il paese decidendo che il rischio sia affrontato prima dal Governo, e mantenendo in riserva l’Assemblea. (Approvazioni).
In questo momento sorge irrefrenabile dal nostro animo come un senso di ribellione contro la sciagura immeritata del popolo italiano, e il pensiero di Trieste e di Pola (I deputati si levano in piedi – Vivissimi prolungati applausi – Si grida: Viva Pola! Viva Trieste italiana!) e di tante altre terre fedelissime dell’una e dell’altra frontiera che non abbiamo potuto salvare, ci serra alla gola.
Eppure la nostra civiltà è una grande civiltà, madre a tante genti, eppure il nostro popolo è un grande popolo industre e laborioso. (Approvazioni).
Nel viaggio recente centinaia di migliaia di italiani mi gridavano nelle città più popolose d’America: «Abbiate coraggio, siate uniti, vi aiuteremo» (Applausi); ed erano lavoratori che avevano dovuto abbandonate la patria troppo povera e si erano rifatta una vita più prospera in spiagge lontane.
A Washington fui ricevuto un giorno nel palazzo dell’Unione panamericana da ventuno rappresentanti degli Stati dell’America latina: e furono alte parole di riconoscenza e di conforto per l’alma mater Italia. E, a migliaia, uomini di pensiero e di affari ci sussurravano nei ricevimenti e nelle riunioni auguri e parole di fede e di incoraggiamento per l’avvenire d’Italia.
«Questi sono i vostri ambasciatori permanenti presso di noi», mi diceva il direttore della galleria di Washington, indicandomi i capolavori famosi degli artisti italiani! E tutto questo tributo di riconoscimento e di simpatia, questi incoraggiamenti ed appoggi, tutto questo omaggio alla civiltà del nostro popolo dovrebbe essere compresso, soffocato, annullato entro le sbarre giuridiche di un trattato? No! Noi riaffermiamo la nostra volontà di vita e la nostra speranza, e al di là del trattato abbiamo fede nell’insopprimibile vitalità della nostra stirpe, che attrae a noi l’omaggio e il concorso dei popoli liberi. (I deputati si levano in piedi – Vivissimi, generali, prolungati applausi – Si grida: Viva l’Italia!).
Egregi colleghi, il Governo non si affida però a generiche speranze, ma tiene i piedi in terra e sa che il popolo italiano deve salvarsi anzitutto da sé con il suo lavoro e con la sua disciplina. (Applausi).
Non intendo diffondermi sul nostro programma economico che, dovendo dominare la stessa situazione, non può essere tendenzialmente diverso da quello del Governo precedente. Nel settore economico l’esigenza fondamentale si riassume, come fu detto altrove, nella formula: produrre in un clima di efficienza tecnica e di perequazione sociale.
L’aumento della produzione è indispensabile per il mercato interno, affinché diminuiscano i prezzi, salgano i salari reali, cessi la disoccupazione e si disponga di mezzi per la ricostruzione; è del pari urgentemente necessario per poter pagare con l’esportazione l’introduzione delle derrate alimentari, del carbone e delle materie prime. Il Governo intende incoraggiare e sostenere l’iniziativa privata. Ma già la necessità di corrispondere a giuste esigenze di quanti dall’estero sono disposti a sostenere lo sforzo ricostruttivo dell’Italia e l’opportunità di dirigere l’impiego delle limitate risorse disponibili nel senso più utile alla collettività ci impongono di elaborare un piano di ricostruzione e di sviluppo della nostra economia. Simile programma si è già fatto per l’anno in corso e molti elementi sono già elaborati per un piano più esteso per gli anni venturi. Per la sua formulazione definitiva il Governo intende chiedere il parere di tutte le categorie interessate alla ripresa della produzione, in modo che il piano economico tenga conto delle varie esigenze e possa riuscire di guida e di sostegno agli stessi operatori privati.
L’aumento della produzione sarà favorito anche da una collaborazione organica fra capitale e lavoro.
Senza il concorso di entrambi, la ripresa della produzione è impossibile: premesse indispensabili sono lo spirito d’intrapresa ed un clima d’interessamento e di cooperazione operaia. Da tale punto di vista sarà affrontato e a voi sottoposto il problema dei consigli di gestione, che nel progetto Morandi abbiamo ereditato dal precedente Governo.
Un altro problema s’impone sopra ogni altro alla nostra attenzione: quello di avviare gradualmente la moneta verso la sua stabilizzazione.
Presenteremo subito alla Camera il progetto di legge per l’adesione dell’Italia agli accordi di Bretton Woods e vi domanderemo la vostra urgente approvazione, data l’importanza che rappresenta pel nostro paese la sua entrata nei due organismi creati da quegli accordi.
È questo il primo atto con cui l’Italia rientra di pieno diritto nella vita economica internazionale e nel novero delle nazioni che dovranno presiedere alla creazione e al mantenimento del nuovo ordine economico e finanziario mondiale.
Tale intervento ha un’importanza capitale pel nostro paese, perché ci darà modo di risolvere nel campo internazionale il problema del risanamento e della stabilizzazione della moneta, non attingendo soltanto alle nostre risorse nazionali o a prestiti, come quello ottenuto negli Stati Uniti, ma usufruendo del valido appoggio che ci potranno offrire i due istituti di Bretton Woods.
Gli impegni assunti con l’adesione al Fondo internazionale e più ancora la necessità di offrire una base sicura di valutazione agli operatori economici, ci portano a dedicare il massimo sforzo alla difesa della moneta.
A quest’opera dura deve concorrere una accorta e tenace azione della finanza per accrescere al massimo le entrate normali. Nel quadro delle imposte ordinarie verrà esaminata anche l’opportunità di rivedere le aliquote per adeguarle al mutato valore della moneta ed in relazione a tali provvedimenti sarà considerato anche lo spostamento dei minimi imponibili dei redditi di lavoro.
Nello stesso tempo converrà esercitare un rigoroso controllo delle spese per eliminare quelle superflue e graduare le altre a seconda della loro capacità produttiva. Entro breve termine verrà presentata ed applicata l’imposta straordinaria sul patrimonio nelle forme più atte a cavarne il massimo gettito compatibile con l’assestamento dell’economia. In questa occasione sarà risolta definitivamente la questione del cambio della moneta, tenendo conto dell’esigenza di una rapida applicazione dell’imposta sul patrimonio.
Il Governo controllerà attentamente il corso dei prezzi, avvisando nel momento opportuno ai mezzi di contenerli o comprimerli, e si propone di accelerare l’inserimento dell’economia italiana nel mercato internazionale, evitando con opportuni accorgimenti dannose ripercussioni sulle classi meno agiate.
È venuto il momento anche di preparare la ripresa di due elementi invisibili di pareggio della nostra bilancia commerciale: turismo ed emigrazione.
Per l’industria del forestiero sono premesse indispensabili la derequisizione degli alberghi, il rinnovamento dell’attrezzatura turistica, la facilitazione dei passaporti, la risoluzione del problema della valuta. Come centro di propulsione e coordinamento pensiamo di costituire un organo snello statale che collabori con gli enti e con le associazioni interessate. È col concorso tecnico di queste che è stato abbozzato il relativo progetto.
La massima cura dev’essere dedicata alla tutela dell’emigrazione, che entro certa misura ed a certe condizioni va favorita. Non abbiamo ancora preso in considerazione il ritorno al vecchio Commissariato ma frattanto siamo d’accordo nel richiamare in vita, con debiti adattamenti, l’antico Consiglio superiore dell’emigrazione che aveva fatto ottima prova.
Ai lavori pubblici necessari alla nostra ricostruzione dedicheremo tutte le risorse possibili. Il ministro del lavoro mi assicura che il rendimento operaio nei lavori pubblici tende a crescere e va avviandosi alla normalità.
Ci proponiamo anche di stimolare al massimo le imprese private e dovremo affrontare, come già in parte è avvenuto in progetti in corso, l’esigenza di leggi speciali per zone quasi totalmente distrutte.
La ricostruzione delle comunicazioni dovrebbe essere completa per la fine del 1949, purché non ci vengano meno i mezzi finanziari ed i materiali. L’elettrificazione vi giocherà una grande parte.
La marina mercantile avrà notevole impulso dall’acquisto di altre 50 navi, che abbiamo ottenuto in America e idonei provvedimenti sono in corso per stimolare l’iniziativa privata alla ricostruzione delle navi perdute.
Nel campo dell’agricoltura, oltre al proseguire attivamente l’attuazione dei programma di opere di bonifica e di irrigazione, specie nelle regioni meridionali, si procederà all’emanazione di provvedimenti sulla proroga delle piccole affittanze, che è particolarmente urgente, sui canoni di affitti agrari, sullo sviluppo della piccola proprietà coltivatrice, sulla composizione delle vertenze mezzadrili in base al giudizio De Gasperi, e sul credito alle cooperative agricole.
La commissione presso il Ministero dell’agricoltura – che ha testé completato, con una notevole relazione, lo studio della questione mezzadrile – prenderà ora in esame i contratti di compartecipazione, comuni soprattutto nel Mezzogiorno d’Italia.
Inutile farvi rilevare un’altra volta che questa legislazione, che in buona parte ha già predisposto o elaborerà il ministro Segni mira non solo ad aumentare sui campi la produzione ed a garantire la pace sociale, ma costituirà anche un avviamento ed una preparazione alla auspicata riforma fondiaria.
Predisponendo il piano alimentare per l’anno venturo dovremo affrontare di nuovo il problema del tesseramento. Siamo tutti tendenzialmente d’accordo, ma la difficoltà è nella esecuzione, Faremo ogni sforzo perché le discipline ritenute necessarie ed attuabili vengano rigorosamente applicate, ma bisogna ammettere che se l’ammasso dei cereali può dirsi riuscito, è invece per ora poco incoraggiante il risultato della disciplina del latte e dei grassi solidi.
Intendiamo assolutamente insistere sulla creazione degli enti di consumo, facilitando il loro finanziamento, e sviluppare più oltre le mense aziendali e i ristoranti popolari, usufruibili dai disoccupati con tariffe di favore. Tesseramento di favore è fatto alle gestanti e nutrici e ai giovani nei convitti e negli istituti di assistenza.
Sul tesseramento differenziato si è discusso molto in seno al passato Governo.
Una relazione riassuntiva, presentata dall’alto commissariato, potrà servire di base per ulteriori decisioni.
Passando ad altro campo dichiaro che il Governo considera come suo naturale dovere quello di fare opera di consolidamento e, quando occorresse, di difesa del regime repubblicano, deliberato dal popolo nel referendum del 2 giugno. (Applausi).
Non riteniamo che a tale scopo sia necessario ricorrere ad una legislazione eccezionale. Basterà applicare contro quei funzionari che venissero meno al giuramento le sanzioni previste dalla legge sullo stato giuridico degli impiegati, applicare ai funzionari che si rifiutassero di prestare il giuramento un trattamento speciale che potrebbe essere analogo a quello della legge sulla smobilitazione delle forze armate.
Le istituzioni repubblicane e le libertà democratiche troveranno una adeguata protezione nell’aggiornamento e rispettivamente nella riforma degli articoli 270-274; 276-279 e 290 del codice penale, libro 2°, titolo I; nel richiamo in vigore, entro certi limiti opportunamente aggiornati, del decreto legislativo 26 aprile 1945, n. 195, e nell’applicazione del decreto legislativo 26 aprile 1945, n. 149.
Da varie parti si sollecita un regolamento della stampa, reso necessario dalla cessata applicazione delle leggi fasciste e dalle manchevolezze dei provvedimenti provvisori circa l’autorizzazione dei giornali ed il sequestro delle stampe pornografiche.
Uno schema di disegno di legge è stato nel frattempo preparato da una commissione di studiosi e di giornalisti di ogni tendenza politica, all’uopo nominata dalla Presidenza del Consiglio, e servirà di base a quello definitivo che il Governo sottoporrà alla decisione sovrana di questa Assemblea, in armonia coi principi che la stessa Assemblea vorrà fissare nella nuova Costituzione.
Frattanto è già pronto il progetto per stabilite il procedimento per direttissima nei processi per diffamazione.
Nel trattamento della ex famiglia regnante ci atterremo alle direttive che fisserà la Costituente; il Governo è fin d’ora d’accordo di stabilire il divieto di residenza per l’ex re, in quanto pretendente, e per i suoi diretti discendenti.
Convinti che l’Italia potrà rinascere dalla scuola, le nostre cure, a mano a mano che crescono i mezzi, si rivolgeranno sempre più verso l’educazione del popolo. Per combattere il preoccupante analfabetismo del periodo bellico, si sono istituite, negli ultimi mesi, varie migliaia di nuove scuole elementari dello Stato, sdoppiando le classi numerose, e proprio ora si inizia a Roma un nuovo esperimento di scuola popolare per analfabeti adulti e disoccupati.
Disciplinati giuridicamente i patronati scolastici, li renderemo strumenti atti a tendere sempre più intima la collaborazione tra la scuola, la famiglia ed il comune, mentre con i ruoli aperti assicuriamo ai maestri una maggiore dignità economica della loro funzione educativa.
Nella scuola secondaria abbiamo istituito nuove sezioni staccate, aumentando così la sfera d’azione della scuola statale, mentre venivano ridotte a poche unità le nuove parificazioni.
I prossimi concorsi, sia per maestri sia per professori, permetteranno l’immissione di nuove e giovani forze nel campo della scuola, e una ristabilita severità degli esami servirà a rialzare il tono della scuola secondaria che è stato depresso dalle agevolazioni del periodo bellico. (Approvazioni).
Mentre la esiguità delle tasse scolastiche permette a tutti i figli del popolo di percorrere ogni grado di studio, una più rigorosa selezione dovrà eliminare gli inconvenienti della sovrappopolazione universitaria.
Lo Stato si propone nel contempo di aumentare i suoi sforzi finanziari per venire incontro alle disagiate condizioni dell’alta cultura universitaria.
Seguendo queste linee, intendiamo ridare al popolo italiano una scuola statale che, nello spirito della libertà, sia all’altezza delle sue tradizioni educative.
Onorevoli colleghi, l’incalzare del problema internazionale, che agita giustamente la coscienza nazionale e avvince l’interessamento dell’Assemblea, giustifica forse che io rinunzi a parlarvi diffusamente delle ragioni della crisi ministeriale e dei suoi sviluppi. Sono ad ogni modo a vostra disposizione per rendervene conto, quando il dibattito lo dimostri necessario od opportuno.
Il mio proposito è stato duplice: cercare il massimo numero di consensi e di collaboratori nell’esclusivo interesse del paese; aumentare l’efficienza del Governo, riducendo e semplificando i ministeri e vincolando i ministri a una solidarietà ministeriale più evidente. (Approvazioni).
Se non è riuscito di allargare la partecipazione al Gabinetto nella misura desiderata, credo tuttavia che nell’Assemblea sia cresciuto il senso di corresponsabilità che ci lega ai destini del paese. Con questa Assemblea, che ha fatto opera così egregia e così poderosa nell’elaborare il progetto della nuova Costituzione e che si accinge al compito storico di dare alla Repubblica i suoi organi vitali permanenti, il Governo intende collaborare più strettamente anche nel settore della legislazione ordinaria. Uniremo i nostri sforzi per giungere più rapidamente che sia possibile a una nuova consultazione popolare, alla quale rimetteremo la decisione sui programmi massimi che in questo breve periodo costituente non riusciamo ad attuare. Siamo sicuri di avere fra tutti quei benemeriti colleghi, che hanno partecipato finora alle nostre fatiche ed ai quali invio un particolare ringraziamento, dei cooperatori oggettivi non solo per la loro competenza ma soprattutto perché la loro esperienza li rende più atti a comprendere appieno la nostra fatica e la nostra devozione agli interessi del paese.
La smobilitazione del Ministero dell’assistenza post-bellica è una misura rivolta a farci rientrare nella normalità amministrativa, ma non diminuisce per nulla il dovere e l’impegno che abbiamo di dedicare le più attente cure alle categorie finora affidate alla sua tutela. Il decreto relativo, già approvato dal Consiglio dei ministri, contiene anche disposizioni tranquillanti circa gli attuali funzionari o impiegati del disciolto dicastero.
Confido che l’unificazione del tesoro e delle finanze contribuisca a dare al paese il senso di una direzione finanziaria unica e che la concentrazione dei ministeri militari, esigenza fatale della nostra situazione, si compia gradualmente con la piena collaborazione dei tre organismi, fondendo assieme le virtù militari dell’esercito, della marina e dell’aviazione.
In questo momento di forzata umiliazione, la Repubblica d’Italia risponde alle sanzioni di guerra non con un grido di rivincita, ma della guerra cancellando perfino il nome e sostituendolo con la difesa, difesa che con l’apertura delle nostre frontiere, la demolizione delle nostre fortificazioni, pur di fronte ai potenti eserciti altrui, e con la riduzione dei nostri armamenti tecnici, è affidata ormai soprattutto al genio dei comandanti e al petto valoroso del nostro popolo in armi. (Applausi). La Repubblica dedicherà tutte le cure possibili a quest’ultima difesa che ci rimane, qualora l’organizzazione internazionale non riuscisse ad escludere, come auspichiamo, ogni aggressione, e terrà in onore i combattenti di ieri e i soldati di oggi affinché si sentano circondati dall’amore del popolo, anzi una cosa sola col regime popolare, il quale ambisce di trasfondere in sé tutte le nobili tradizioni del passato, facendole convergere al progresso della democrazia nazionale e di quella pacifica convivenza tra le genti, vicine e lontane, nella quale, nonostante tutto, sempre crediamo. (Vivissimi, prolungati applausi)