Ai miei compagni d’armi.
Penultima tappa del risorgimento nostro, noi dobbiamo considerare il periodo che sta per finire, e prepararci ad ultimare splendidamente lo stupendo concetto degli eletti di venti generazioni, il cui compimento assegnò la provvidenza a questa generazione fortunata.
Sì, giovani ! L’Italia deve a voi un’ impresa che meritò il plauso del mondo.
Voi vinceste, – e voi vincerete – perché voi siete ormai fatti alla tattica che decide delle battaglie ! Voi non siete degeneri da coloro che entravano nel fitto profondo delle falangi Macedoni, che squarciavano il petto ai superbi vincitori dell’Asia.
A questa pagina stupenda della storia del nostro paese ne seguirà una più gloriosa ancora, e lo schiavo mostrerà finalmente al libero fratello un ferro arrotato che appartenne agli anelli delle sue catene.
All’armi tutti ! – tutti: e gli oppressori – i prepotenti sfumeranno come la polvere.
Voi, donne, rigettate lontani i codardi, essi non vi daranno che codardi – e voi figlie della terra della debolezza volete prole prode e generosa?
Che i paurosi dottrinari se ne vadano a trascinare altrove il loro servilismo, le loro miserie. Questo popolo è padrone di sé. Egli vuol essere fratello degli altri popoli, ma guardare i protervi con la fronte alta: non arrampicarsi, mendicando la sua libertà – egli non vuol essere a rimorchio di uomini dal cuore di fango. No ! no ! no !
La Provvidenza fece il dono all’Italia di Vittorio Emanuele. Ogni Italiano deve riannodarsi a lui – serrarsi intorno a lui. Accanto al Re Galantuomo ogni gara deve sparire, ogni rancore dissiparsi !
Ancora una volta io vi ripeto il mio grido: all’armi tutti ! tutti !
Se il marzo del 1861 non trova un milione d’Italiani armati, povera libertà, povera vita italiana…. Oh! no : lungi da me un pensiero che mi ripugna come un veleno. Il marzo del 61, e se necessario il febbraio, ci troverà tutti al nostro posto. Italiani di Calatafimi, di Palermo, del Volturno, di Ancona, di Castelfidardo, di Isernia e con noi ogni uomo di questa terra non codardo, non servile.
Tutti, tutti serrati intorno al glorioso soldato di Palestro, daremo l’ultima scossa, l’ultimo colpo alla crollante tirannide!
Accogliete, giovani volontari, resti onorati di dieci battaglie, una parola d’ addio!
Io ve la mando commosso d’affetto dal profondo della mia anima. Oggi io devo ritirarmi, ma per pochi giorni. L’ ora della pugna mi ritroverà con voi ancora – accanto ai soldati della Libertà Italiana.
Che ritornino alle loro case quelli soltanto chiamati da doveri imperiosi di famiglia, e coloro che gloriosamente mutilati hanno meritato la gratitudine della patria. Essi la serviranno ancora nei loro focolari con il consiglio e con l’ aspetto delle nobili cicatrici che decorano la loro maschia fronte di venti anni. All’infuori di questi, gli altri restino a custodire le gloriose bandiere.
Noi ci ritroveremo fra poco per marciare, insieme al riscatto dei nostri fratelli, schiavi ancora dello straniero.
Noi ci ritroveremo fra poco per marciare insieme per nuovi trionfi.