Onorevoli parlamentari,
Vi ringrazio di avermi dato la possibilità di proseguire i fruttuosi contatti inaugurati lo scorso anno. In quell’occasione avevamo cominciato una riflessione profonda sul nostro futuro. Con l’inizio dei lavori della Convenzione siamo entrati nella fase operativa, certo la più delicata ma anche la più entusiasmante.
Non sono qui per semplici ragioni protocollari: desidero esprimermi con franchezza e spero che con altrettanta franchezza otterrò il vostro punto di vista. La Commissione ed io stesso dobbiamo in questa fase soprattutto ascoltare con grande attenzione.
Penso infatti che le forze sociali e politiche che voi rappresentate possano portare un contributo molto importante a questo dibattito.
Alla fine di aprile, la Commissione presenterà il suo primo contributo alla Convenzione europea. Il documento esporrà la posizione della Commissione sul progetto dell’Europa di domani. Esso si concentrerà sulle attività specifiche dell’Unione.
Le nostre attività specifiche comprendono tutto ciò che è meglio fare insieme a livello di Unione europea piuttosto che a livello nazionale.
Ciò corrisponde all’interesse generale degli europei. In questa prima comunicazione la Commissione cercherà quindi di definire il campo d’azione dell’interesse generale comune ai cittadini ed agli Stati membri dell’Unione.
A maggio poi presenteremo una seconda comunicazione sulle politiche e sulle competenze dell’Unione. Un terzo contributo, dedicato agli assetti istituzionali, completerà infine il nostro contributo strutturato ai lavori della Convenzione.
Il dibattito sarà quindi a 360 gradi e siamo solo agli inizi. Oggi non scenderò nei dettagli ma disegnerò a grandi tratti la mia visione dell’Europa per il ventunesimo secolo.
Dopo il Consiglio europeo di Nizza, ho proposto la creazione di una Convenzione che avesse il compito di preparare una profonda riforma dell’Unione.
Lo scorso dicembre, a Laeken, le Convenzione ha ricevuto un mandato più ampio di quello espresso nella dichiarazione di Nizza. Il Consiglio europeo ha infatti chiesto di affrontare la sfida democratica che sale dall’interno dell’Unione e le sfide che provengono dall’esterno.
Durante la seduta inaugurale della Convenzione ho indicato quattro sfide per il futuro dell’Europa.
In primo luogo, l’Europa deve assumersi la sua responsabilità per la pace e lo sviluppo nel mondo.
Quasi cinquanta anni fa, il progetto europeo è nato per restituire pace e prosperità ad un continente ferito dalla guerra.
Oggi, la prospettiva di un conflitto armato fra gli Stati membri è inimmaginabile. Non possiamo dimenticarlo, per capire veramente la portata del nostro successo. E non dobbiamo dimenticare che è nostro compito storico preservare intatto questo straordinario successo per le generazioni future.
Purtroppo, lo spettro della guerra non ci ha ancora abbandonato definitivamente. Basti pensare alle minacce di conflitto, di guerra civile e di terrorismo che vediamo oltre i nostri confini.
La pace e la prosperità sono legate a doppio filo. La prosperità è una condizione della pace perché elimina le cause stesse di conflitto. È per questo motivo che puntiamo con tanta fermezza sullo sviluppo economico.
Sia chiaro però che nessuno Stato da solo potrà assicurare la pace. Solo insieme possiamo esercitare una vera influenza sulle vicende del mondo.
Solo parlando con una sola voce possiamo dimostrare una vera autorevolezza.
Solo uniti possiamo estendere al processo di globalizzazione la dimensione tipicamente europea dei valori sociali e dell’umanesimo.
Occorre elaborare una politica estera di ampio respiro che comprenda l’azione diplomatica, la politica commerciale, la politica di sviluppo, la difesa e la sicurezza e che ci permetta di utilizzare con coerenza i diversi strumenti a disposizione dell’Unione.
La seconda sfida per l’Europa del futuro è la difesa di un modello equilibrato di società che concili la prosperità e la solidarietà.
Il modello europeo e la nostra stessa ricchezza dipendono dalla capacità di mantenere un buon equilibrio fra la crescita economica, la giustizia sociale e la tutela dell’ambiente.
Non dobbiamo mai perdere di vista le quattro libertà sulle quali si fonda la comunità economica: il libero movimento di merci, persone, servizi e capitali.
Queste libertà, si badi bene, possono avere effetti pratici solo se assicuriamo un certo grado di armonizzazione fiscale, se sosteniamo un sviluppo equilibrato con opportune misure sociali e se esistono condizioni di parità nel campo della concorrenza.
Le politica di concorrenza è quindi un punto essenziale per l’Unione che deve essere attuata e controllata da una entità indipendente dagli Stati membri. Ritengo che solamente la Commissione possa dare le garanzie di indipendenza e imparzialità necessarie a svolgere questo ruolo.
La terza sfida per l’Europa è la costruzione di un’area di libertà, sicurezza e giustizia.
Nella tradizione e nella cultura europee, giustizia e libertà sono due facce della stessa medaglia. Tuttavia giustizia e libertà sono preservate laddove regni la sicurezza.
L’Unione può dare un contributo decisivo in questo campo.
o Introducendo provvedimenti comuni di controllo dei confini esterni.
o Sostenendo la lotta contro il crimine organizzato ed il terrorismo e sviluppando una struttura comune di cooperazione fra le forze di polizia.
o Creando un’area giudiziaria europea per le questioni civili e penali che sia basata su una autentica cooperazione fra le magistrature nazionali.
La quarta sfida è affermare l’Europa come un polo di influenza e di innovazione intellettuale e scientifica.
L’avvenire delle diverse culture nazionali e della nostra economia comune dipende dal livello che sapremo raggiungere nella sfera intellettuale e della conoscenza.
Non possiamo permettere che l’Europa segni il passo nei campi della ricerca, della scienza e della tecnologia.
Qui l’interesse generale dell’Unione si realizza costruendo reti che leghino le strutture di ricerca nazionali e finanziando la ricerca stessa.
Occorre coordinare i sistemi educativi e favorire la mobilità e gli scambi per sviluppare le competenze che sono ormai necessarie ad una economia basata sulla conoscenza.
Cari amici,
Questi sono i principali compiti che ci aspettano nel futuro, ma li potremo affrontare solo con una più salda unità politica. Sono convinto perciò che dobbiamo darci una Costituzione che segni la nascita dell’Europa politica.
Ciò non significa creare un superstato. Non dobbiamo dimenticare che l’Unione è un sistema unico al mondo. Non è un’alleanza fra Stati né una federazione; è un esempio di democrazia sovranazionale avanzata, che dobbiamo ulteriormente rafforzare.
La nostra nuova Costituzione sarà quindi diversa da tutte le altre ed i padri costituenti dovranno dare prova di inventiva, passione civico e coraggio. La sfida è realizzare una Unione di popoli, cittadini e Stati che preservi il nostro modo di vita e lo sviluppi.
L’aspetto più caratteristico del funzionamento delle nostre istituzioni è il metodo comunitario.
Il metodo comunitario è un metodo democratico che tutela tutti gli Stati, anche i più piccoli, ed è una garanzia per i diritti dei popoli e di tutti i cittadini.
Il metodo comunitario è un meccanismo decisionale fondato su un’originale divisione dei poteri. In esso, la Commissione avanza le proposte legislative che vengono deliberate poi dal Consiglio e dal Parlamento.
Il Consiglio rappresenta gli interessi degli Stati membri.
Il Parlamento rappresenta i popoli dell’Unione.
La Commissione rappresenta l’interesse generale dell’Unione ed è la guardiana dei Trattati. Per questo motivo, e per garantire la coerenza del sistema, la Commissione ha il monopolio dell’iniziativa di legge nei campi assegnati dai Trattati.
La Corte di Giustizia assicura l’uniforme applicazione delle norme e regola i conflitti di competenza e di attribuzione fra istituzioni.
Il quadrilatero istituzionale dell’Unione, costantemente sottoposto a controllo democratico, è perciò una forma di organizzazione politica totalmente nuova.
Il processo di integrazione europea ha segnato straordinari successi negli anni. Questi traguardi sono certo il risultato della determinazione degli Stati membri e della volontà popolare. Tuttavia, sono convinto che gran parte del merito vada proprio al metodo comunitario.
Il metodo comunitario si può migliorare. Possiamo semplificarlo e consolidarlo. Possiamo renderlo più efficace. Sarebbe però un grave errore indebolirlo a favore di un ritorno al sistema intergovernativo.
Pertanto, sarebbe deleterio se il ruolo della Commissione venisse ridotto a quello di un semplice segretariato del Consiglio o del Parlamento. Essa non può diventare un semplice terreno di confronto per la mediazione degli interessi nazionali o un costoso think-tank.
Questo non significa che la Commissione intende assumere un atteggiamento difensivo e conservatore.
In una riforma generale della Comunità, tutte le istituzioni si devono mettere in discussione.
La Commissione è quindi pronta a ridefinire i propri compiti e ad assumere nuove responsabilità in quei campi in cui si gioca il futuro dell’Europa. Siamo pronti anche a cedere parte delle nostre competenze se ciò si dimostrasse utile e necessario per il bene comune.
Il mio messaggio è quindi essenzialmente politico: voglio esprimere la nostra apertura al cambiamento e la nostra volontà riformatrice.
Tuttavia, l’Europa futura deve evolvere a partire da quanto di buono ha realizzato nel passato. Il ruolo della Commissione come istituzione indipendente e come garante dell’interesse generale è fra le realizzazioni più alte. Non possiamo rinunciare a questo patrimonio nell’assetto futuro dell’Unione.
La Convenzione sta lavorando ad un progetto che ci accompagnerà ben oltre gli sviluppi che possiamo prevedere oggi. Si tratta di immaginare un sistema che consenta a 25, 30 o più Stati membri di procedere in armonia.
Si tratta di un compito immane che dobbiamo affrontare nella maniera più costruttiva ed aperta possibile. E, come ho detto all’inizio, dopo aver espresso con franchezza le mie idee, ora mi dispongo attentamente all’ascolto.
Grazie.